I ragazzi italiani stanno lasciando la scuola. Secondo un articolo di La Repubblica gli studenti che hanno smesso di studiare negli ultimi 20 anni sono più di 3 milioni.
C’è un gap fra diplomati ed iscritti all’Università: su 100 iscritti alle superiori solo 18 si laureano. Il paradosso è che l’Università italiana sta salendo nei ranking posizionandosi fra i migliori istituti a livello mondiale.
Ho parlato con Marilena Pintagro del suo passato, del suo presente come data scientist in TIM e del futuro dell’Italia.
Con un mix di timidezza e dolcezza mi spiega che lei è formalmente una data scientist. Lavora, però, più come data analyst.
Qual è la differenza fra data scientist e analyst?
Sia i data scientist che i data analyst lavorano con i dati, ma la differenza è come si relazionano con gli stessi. I data analyst guardano i dati per avere degli insight sul mercato, mentre i data scientist sono dei moderni indovini che, attraverso l’interpretazione dei dati, riescono a prevedere il trend futuri.
Nel caso di Marilena, lei monitora i processi di business intelligence: raccoglie i dati ed estrapola informazioni strategiche per il decision making.
A sette anni, prima di scoprire l’amore per l’informatica, Marilena voleva fare il Presidente della Repubblica. Dopo aver messo le mani sul suo primo computer capisce però che ha trovato lo Stitch per la sua Lilo.
In quinta superiore ad uno stand universitario le dicono che l’ingegneria è per i maschi e lei ribatte “perché dovrei fare altro se sono portata per fare l’ingegnere?” e aggiunge “spero che con questa generazione il sessismo venga superato”.
Senza aver nessuna base di informatica, se non un po’ di coding per sistemare il suo blog, si iscrive dubbiosa a ingegneria informatica. Dopo le prime due lezioni capisce che è la sua vocazione ed è quello che vuole fare nella vita.
Al primo anno del suo corso di laurea le ragazze erano meno del 10%, percentuale che accompagna Marilena fino alla specialistica e anche le professoresse scarseggiano.
I social e ed i costrutti sociali
Crede che i social media abbiano aiutato a sviluppare il l’aiuto reciproco e l’empatia: mentre prima non c’era una rete di sostegno, ora c’è una piattaforma in cui le persone possano parlare delle difficoltà che provano.
Trovo Marilena estremamente divertente quando dice che lei ‘rosica ‘na cifra” perché è una perfezionista nata, ma col tempo sta imparando a prendere il fallimento come un momento di crescita.
È testarda e ne va fiera e consiglia ad ogni ragazza di “essere forte, essere sé stessa con tutti i suoi carismi, con tutte le potenzialità ed i difetti che ha”. Mi dice che la sua qualità migliore è la positività e mi spiega come cerchi in qualunque situazione di creare un ambiente positivo intorno a lei.
Non le piace che alle donne venga ancora chiesto di essere come prima cosa mamme e crede che questa sia la ragione per cui il settore STEM, come altre moltissime industrie, è dominato dagli uomini. Ha il pallino per l’educazione informatica e crede che i bambini siano la chiave in un futuro equo: insegnando loro, tramite l’informatica la logica e la razionalità, non ci sarà più spazio per opinioni prevenute.
Sono d’accordo con Marilena e credo in un futuro più roseo spinto da una generazione più consapevole, ma purtroppo i dati non sono d’accordo con noi. Mentre c’è un’Italia che spinge per l’innovazione e la crescita, ce n’è un’altra che è ancora legata al passato e non riesce a superarlo. Senza innovazione ed investimento nel capitale umano riuscirà l’Italia a rimanere fra i big mondiali o dovrà lasciare il proprio posto a nuovi paesi emergenti? Lo sapremo solo vivendo.
ps: ti è piaciuta? Leggi la storia di Silvia Gallitto, Data science e Project manager.
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