Bentornati nella mia rubrica “Data girls” e se è la vostra prima volta qui, benvenuti.
Dopo il mio primo articolo dedicato a Julia Lupidii, continuiamo con un nuovo punto di vista.
Ho avuto occasione di parlare con Silvia Gallitto, Data science project manager a Linkalab.
Ho notato fin da subito un contrasto nella sua persona: lavora con i dati, è logica, ma allo stesso tempo estremamente open minded, speranzosa ed empatica.
Silvia si definisce “millennial classica e noiosissima”, nel senso che incorpora nella sua personalità i caratteri tipici della tanto discussa generazione Y di cui tutti hanno un’opinione, ma pochi sanno di cosa si stia effettivamente parlando.
La Generazione Y, Millennials o Net Generation sono i ragazzi nati tra gli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta: hanno seguito i baby boomers, la generazione che ha vissuto lo sviluppo e la crescita economica negli States, ma anche in Italia.
Questa generazione di ormai trentenni è caratterizzata da un approccio del tutto nuovo al digitale: sono stati i primi, infatti, ad avere un utilizzo e familiarità maggiore con dispositivi elettronici ed hanno visto nascere e crescere internet. Sono stati anche una generazione disruptive per il rapporto che hanno avuto con tutto ciò che è tradizionale, dai media alle banche, e che hanno messo in moto la digital transformation.
La digital transformation o disruption è la semplificazione della quasi totalità dei processi, riducendo le ridondanze e gli errori legati ad attività manuali non strategiche.
Dati alla mano, come dice spesso Silvia, il 91% delle PMI italiane vuole effettuare velocemente il passaggio al digitale, partendo dalla customer experience intesa come strategia aziendale di fidelizzazione e crescita. Solo il 63% ha iniziato un percorso effettivo di digital transformation ed il 30% di queste si è fermato prima di completarlo. Riguardo questo 30% di aziende che lasciano, Silvia ha individuato due problemi fondamentali, applicabili però a molte altre aziende nel territorio italiano: il primo è la mancanza di competenze digitali nell’azienda ed il secondo è la resistenza interna aziendale all’attuazione della vision e, quindi, al cambiamento.
Silvia è una ragazza brillante che mi ha messo subito a mio agio, anche se inizio a dubitare di trovarmi mai a disagio. Anche lei, come la maggior parte di diciottenni a cui si fa questa domanda, non aveva idea di cosa voleva fare nella sua vita e da qui la decisione di iscriversi a management del turismo. Pensava di riuscire ad unire l’utile al dilettevole in questo corso: l’amore per le lingue all’utilità del management e dell’economia. Dopo la laurea inizia a lavorare per la Able Tech come assistant export manager in un ufficio start up dove gestisce la prevendita, vendita e la traduzione del software. Capisce fin da subito che le piace avere a che fare con persone molto diverse da lei. Decide di lasciare questa prima avventura perché, anche se c’è opportunità di crescita, si sente comunque poco stimolata.
Si trasferisce a Milano dove comincia a lavorare nell’illuminotecnica per ETAP Lighting, un’azienda in un settore completamente diverso da dove era partita. Rimane comunque nelle vendite, ma inizia a gestire oltre ai clienti anche il lato tecnico, guadagnando nuove skills. Dopo tre anni in ETAP Lighting, sente il bisogno di un cambio carriera e torna sui banchi.
Sono sempre di più gli adulti che tornano sui banchi di scuola: che siano madri che decidono di finire la propria laurea magistrale messa in pausa per seguire i figli oppure lavoratori, come Silvia, che vogliono guadagnare più skills per cambiare carriera.
Il trend è chiaro e abbiamo sempre più aziende che offrono master professionali per aiutare un lavoratore che vuole tornare sui banchi di scuola full time e fare quello step in più nella propria carriera: da Talent Garden a H-farm, le imprese che diventano schools per insegnare sono sempre di più sia sul territorio italiano che europeo.
Silvia è sempre stata appassionata di innovazione e del mondo digital e decide di partecipare al concorso per iscriversi al master full time in Digital Transformation offerto da Talent Garden Innovation School. Riesce a vincere una delle borse di studio offerte ed inizia un percorso che lei definisce “dinamico, efficace e che crea comunità”. Il fine di questo corso è creare professionisti con le competenze orizzontali in grado di avvicinare le aziende tradizionali al mondo digital.
Oggi Silvia è Data Science Project Manager a Linkalab, posizione che lei riassume dicendo “..faccio da ponte tra data science ed il business. Sono un facilitatore per l’esecuzione dei progetti.”
È molto distante dal suo sogno da bambina di essere una scrittrice e dalla sua iscrizione a lingue, ma non distante dal concetto di fare da tramite fra le persone.
In questo momento sta lavorando con molte donne estremamente competenti che la ispirano ogni giorno, anche se la infastidisce un po’ usare il termine donna. Mi spiega che essere donna è solo parte di chi è “..io sono amica, collega, professionista, confidente. Non mi piace essere rinchiusa in un gender, ma essere riconosciuta a 360 gradi.”
Mi racconta che nei suoi lavori precedenti c’era una percentuale più alta di presenze maschili dato che “lo sviluppatore è per definizione un uomo”, ma che il mondo dei dati e della matematica democratizzano il lavoro e l’equità dato che la raccolta e la lettura dei dati non è un lavoro da donne o uomini, ma un lavoro da professionisti competenti. Con i dati alla mano, chiunque è abilitato alla conoscenza.
Silvia è molto speranzosa e vede un futuro roseo in tutti i sensi. E’ convinta, e ti convince, che il processo di innovazione digitale porterà un senso di equità fra i due sessi. Alle ragazze ancora timorose ad affrontare il mondo del tech suggerisce di iniziare scegliendo una laurea o corso di formazione adatto. Ripete molte volte durante la nostra chiacchierata che tutto parte dall’educazione e che la conoscenza ti apre molte porte. Mi parla di ignoranza neutra, ma non la generalizza dando come sempre la colpa agli smartphones o ai social media, ma nella mancanza di interesse verso il mondo digital nelle nostre scuole. Sostiene che bisognerebbe insegnare fin da bambini l’utilizzo etico del digitale in maniera che si crei una generazione di adulti responsabili e consapevoli.
A parlare con lei mi sono sentito speranzoso come non mai. Devo ammettere che dopo l’elezione di Trump come 45esimo presidente degli States ho sviluppato sempre più il pensiero che la libertà e la cultura fossero arrivate alla loro fine.
Ogni volta che incontro persone appassionate che ci credono ancora mi si riempie il cuore di gioia. Se anche tu, come me, credi ancora nel cambiamento e nello sviluppo non dimenticare di votare per le elezioni europee domenica 26 maggio e se stai leggendo i miei pezzi non dovrei neanche dirtelo, ma ricordati di votare per l’equità, per lo sviluppo e per l’amore.
Grazie a voi per la lettura e grazie a Silvia per la speranza!
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