È ormai di qualche giorno la notizia del disastro mediatico di Dolce e Gabbana.
Il marketing di Dolce & Gabbana in Cina compreso il super mega evento del 21 novembre, “The Great Event”, è stato un disastro, non solo in termini di comunicazione ma ha contato una serie di problemi che vanno ben oltre le chiacchiere e le polemiche.
Dall’hashtag #BoycottDolce in trending topic su Weibo, il Twitter cinese, si è passati infatti al boicottaggio da parte di influencer e consumatori, e la scomparsa del marchio dai maggiori portali dell’e-commerce cinese, un vero social media fail.
La Cina rappresenta quasi un terzo del mercato mondiale del lusso e l’Italia con 24 aziende nella Top 100, è il primo Paese del settore a livello di presenza secondo il report Global Powers of Luxury Goods 2018 di Deloitte.
Il disastro di marketing di Dolce & Gabbana potrebbe essere tranquillamente esteso all’Italia in genere, ma l’obiettivo di questo post non è quello di prevedere quali saranno le conseguenze ma capire cosa possono imparare le startup italiane.
Nella mia esperienza ho incontrato molti founder convinti che una volta lanciato un progetto in Italia sia sufficiente lanciare lo stesso prodotto all’estero senza capire che la pianificazione e l’esecuzione non sono proprio così semplici, soprattutto quando non si conosce la cultura di un Paese, come nel caso D&G.
Analisi del social media fail
Per promuovere una mega sfilata in programma a Shangai il 21 novembre, il team di marketing di Dolce & Gabbana ha creato tre diversi video nel social cinese Weibo che erano pensati come ironici e simpatici secondo la cultura italica.
Ritraggono infatti una donna cinese che cerca di mangiare con le tradizionali bacchette cinesi i tipici piatti italiani come la pizza, un piattone colmo di spaghetti e un cannolo siciliano.
Il concetto alla base di queste clip è “Dolce&Gabbana ama la Cina”, lo stesso tema della sfilata prevista nella metropoli cinese.
Il video apre a molteplici analisi e potrebbe essere considerato divertente per gli standard occidentali.
Lascio il condizionale perchè non credo che in UK le cose sarebbero andate lisce, così come non è successo in Cina.
I video mostrano un’immagine stereotipata della Cina con un a musica di sottofondo da film orientale anni ’80 o ristorante cinese , e la protagonista dei video rappresenta una “svampita orientale” che ride senza motivo ed è impacciata in tutte le sue azioni.
E già qui potremmo essere a posto per la discussione. Tuttavia in un anno in cui il #MeToo è stato importante e rappresentativo in tutto il mondo non si poteva tralasciare sul sessismo: il video con il cannolo è tremendo, per rafforzare la presa in giro interviene una voce fuori campo maschile che chiede: “Ce la fai o è troppo grande per te?”
Il mondo social cinese si è altamente offeso e indignato, il video è stato rimosso ma Stefano Gabbana ha pensato bene di continuare una conversazione in privato su Instagram offendendo il Paese di riferimento in modo diretto e arrogante. Conversazione che poi è stata ovviamente pubbilicata e condivisa da una giornalista che lavora per un’importante rivista online che gli chiedeva spiegazioni sulla loro campagna (un consiglio Stefano: non lo sai che i vocali si mandano proprio per questo motivo? 🤣)
La casa di moda ha cercato di difendersi dicendo di essere stata hackerata, e dopo poco tempo pubblicando un nuovo video dove Dolce & Gabbana chiedono scusa.
E vabbeh, sopravviveranno.
Ma al di là delle polemiche sull’ennesimo disastro social e sull’incapacità di gestione della crisi, dov’è l’errore alla base del marketing di Dolce e Gabbana?
La cultura è il key element di qualsiasi strategia
Faccio anche io i titoli in inglese perchè in Italia è considerato tutto molto più figo se si inserisce qua e là qualche parola in inglese.
D’altra parte, noi italiani siamo anche quelli più fighi, quelli che sanno vestirsi meglio e alla moda.
Non ho mai acquistato così tanti vestiti diversi come da quando ho cominciato a venire in Italia per fare presentazioni e workshop. Perchè si sa, non puoi fare due presentazioni con lo stesso vestito.
“Hai provato quel nuovo ristorante cinese dietro l’angolo?”
“Sì, siamo andati l’altra sera. Era buono, un po’ piccante.”
“Dov’è che hai detto che vai in vacanza? In Vietnam? Spero troverai qualcos’altro di buono a parte il riso”
Potrei continuare per molto a descrivere discorsi di questo tipo che sento fare quando passo in Italia per lavoro. E non c’è nulla di male in queste conversazioni. Diciamo che mettono sempre al centro noi italiani e il nostro modello di vita.
Detta in altre parole, non siamo abituati a considerare e ad apprezzare le differenze delle altre culture. E credetemi, non è una cosa facile comprendere ed adattarsi alle altre culture, solo che se viaggi spesso, per lavoro e magari stai preparando il lancio di marketing di Dolce e Gabbana magari un minimo dovresti saperlo come girano le cose dentro e fuori dall’Europa.
Nei miei 6 anni e mezzo a Londra ho imparato tantissimo sulle diversità culturali, c’è tantissimo da imparare e non smetti mai.
Capisci che la maggioranza degli inglesi di 50 anni sono ancora convinti di essere nell’impero e i giovani vogliono viaggiare ma senza perdere i comfort che hanno nella loro città, che li fa sentire vincenti e allo stesso tempo estremamente deboli, per esempio perchè non riescono a parlare più lingue come chiunque altro arrivi a Londra per caso.
Capisci che il Sud Europa è chiacchierone e amichevole, accogliente e rispettoso.
Capisci che l’Est Europa è orgoglioso delle proprie origini e desideroso di esportare abitudini e tradizioni verso chi non le conosce.
Giri per Londra e viaggi per il mondo, incontrando russi che non vedono l’ora di raccontarti qual è il Paese tropicale dal quale sono appena tornati, per farti capire che non è vero che loro sono come Putin. Trovi anche tantissimi orientali che ti guardano con un occhiata mista tra sfida e accoglienza perchè in realtà vogliono dirti che loro a Londra hanno passato mezza giornata in file per acquistare da Supreme, si muovono solo con Uber, e che se vengono a cena da te ti portano il take away di Chinatown così provi anche tu il vero cibo cinese. Ah e non pensare che durante la cena ti parlino, passeranno almeno metà del tempo sul loro smartphone perchè in Asia funziona così.
La maggioranza di voi risponderanno con “che brutto, che bello” a queste considerazioni, perchè in Italia ci piace molto giudicare i comportamenti di persone che in realtà sono semplicemente diverse da noi.
La parola globalizzazione oggi non conta più solo per produrre dove costa di meno.
Conta anche il saper vendere, facendo marketing dove si spende di più.
E in quest’ultimo caso non conta più solo la nostra cara e vecchia Europa.
Conta sapere come interfacciarsi con i 37-38enni cinesi, i soggetti che spendono nella moda, e intercettare i circa 73 miliardi che vengono spesi nel lusso ogni anno in questo Paese.
Escludendo quegli stereotipi contenuti nelle pubblicità anni ’90 che tanto abbiamo visto in TV, quando ancora Internet era fermo ai modem 56k che oggi fanno ridere solo quelli che pensano che il mondo sia ancora comandato dagli stessi dei modem e dalle loro aziende milionarie.
Cosa possono imparare le startup dal marketing di Dolce & Gabbana?
Spesso incontro founder di startup che hanno l’idea di lanciare la loro app o piattaforma in qualche altro Paese oltre che in Italia. Al primo posto c’è spesso Londra, perchè essendo una delle capitali tech europee si tratta di un buon mercato di riferimento.
Nella maggior parte dei casi il ragionamento non è diverso rispetto al marketing di Dolce e Gabbana. C’era un’idea, è stata validata con una beta in Italia e ora si è pronti a lanciare all’estero.
Non importa se la piattaforma non prevede una chat di social customer care oppure non è correttamente visualizzabile da mobile, intanto lanciamo.
Per non parlare dell’inglese che spesso è un’opinione.
Il problema è proprio questo: lanciare una startup all’estero senza aver previsto dei gommoni di salvataggio, significa quasi sicuramente schiantarsi senza aver pianificato una via di fuga.
Cosa fare prima di un lancio di un prodotto in un Paese del quale non sapete poco o nulla?
Ecco i miei 5 comandamamenti da seguire.
1. Testate la vostra idea/campagna/progetto prima di renderla pubblica.
Definite le ipotesi e testatele.
Se avete lanciato in Italia non significa che avete già fatto il vostro test e siete praticamente a posto con la coscienza. Lanciare in un nuovo mercato significa ripartire quasi da zero. Dico quasi perchè alcuni pattern saranno simili ma ovviamente dovrete essere capaci di declinarli secono le diverse esigenze del nuovo Paese.
La differenza culturale può veramente essere molta anche solo con Londra e se vi allontanate dall’Europa questa sarà sempre maggiore, ricordatevelo.
La vostra audience pensarà sempre in modo diverso da voi e dal vostro team.
2. Rimanete umili e ascoltate
La vostra campagna non è la migliore del mondo e non sono sempre gli altri quelli che non capiscono.
L’umiltà è un’arma veramente importante per chi si approccia a un altro Paese e reagire con il tipo di messaggi privati “alla Gabbana” non vi aiuterà, anzi peggiorerà le cose.
Se c’è una discussione fate domande e con empatia mettetevi nei panni del vostro interlocutore, ascoltate i suoi punti di vista e andategli incontro, soprattutto se costui sarà quello poi a mettere i soldi nel vostro portafoglio.
3. Siate veloci e agile
Tutti possono fare degli errori, tuttavia è necessario essere veloci nel rispondere e cambiare, se necessario.
Quanto più saremo veloci a riparare in modo costruttivo a problemi ed errori, quanto più riusciremo a fare in modo che i nostri errori non si amplifichino grazie alla portata della rete e ai social media.
4. La vostra personalità conta (e molto)
Se siete un founder o una personalità di spicco nel vostro Paese, ciò non significa che lo sarete anche all’estero. Sotto un certo punto di vista dovrete rifarvi la gavetta, crearvi un network di persone in grado di supportarvi, ma dovrete essere voi a occuparvi del lancio del vostro progetto, prendendo le decisioni del caso. Non ci saranno hacker da considerare se qualcosa andrà storto.
E non vi basterà assumere un gruppo di persone e affiancarvi ad advisor famosi per garantirvi il successo, magari vi farà sembrare il percorso meno ripido ma il lavoro non sarà di minor entità.
5. La creatività e la cultura vanno insieme
L’auto-ironia in genere funziona molto meglio rispetto all’ironia.
Ma ricordiamoci che il rispetto è sempre fondamentale, meglio giocarsi tutto sulla promozione di altre culture in modo creativo ed emozionale piuttosto che perdersi in comunicazioni dove il doppio senso è dubbio e letale.
Per esempio, immaginatevi come sarebbe stato il marketing di Dolce & Gabbana se il video sui social media fosse stato questo, enjoy!
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