Sean Ellis papà del Growth Hacking
Oggi sono molto felice di presentarvi il papà del growth hacking.
Perchè Sean Ellis non è un semplice esperto di marketing per startup, ma è IL growth hacker. Si tratta di colui che ha inventato la parola growth hacking e che ha dato le linee guida principali su questa figura professionale.
Visto la nebulosità che c’è attorno al growth hacker e a queste figure mitologiche, quando ho letto questa intervista in inglese ho pensato fosse fantastica. No, purtroppo non l’ho incontrato di persona, mi dispiace, ma ho pensato di tradurre questa bellissima intervista e di condividerla per 3 motivi:
1) riassume tutto quello che penso sul growth hacking (sulla base del quale ho scritto il mio libro Startup Marketing)
2) l’intervista è a cura di Ryan Holiday, autore di Growth Hacker Marketing, in libro che ho incluso nella mia classifica dei 9 libri più fichi sul growth hacking.
3) Hacking Growth di Sean Ellis è il libro in uscita da poco, che non vedo l’ora di leggere. Ma siccome, ancora una volta sarà in inglese e credo che non tutti qui leggano libri in inglese, ho pensato di farvi un regalo e di tradurvi questa bella intervista sul growth hacking. Ne vale veramente la pena!
Sean Ellis Hacking Growth: l’intervista
Ryan: credo che la domanda che più spesso ti viene posta sia “Qual è il migliore growth hack” che perde totalmente il senso di cosa sia veramente il growth hacking. Come rispondi a queste domande?
Sean: Sì, quella domanda arriva spesso e perde il senso del growth hacking. La mia risposta in genere si articola sulla tesi che il Growth Hacking non sia semplicemente fatto di soluzioni ottimali e immediate: si tratta di un processo per trovare le vie più efficaci per far crescere il tuo business. Comprende focus, rapide sperimentazioni per trovare opportunità di crescita in momenti specifici.
La maggior parte delle persone guarda solo alla parte finale di questo processo, i risultati, e cerca erroneamente di replicare gli “hack” nel proprio business: quanto più il risultato ottenuto dagli hack è eccezionale, quanto più vengono condivisi (come l’integrazione tra AirBnb e Craiglist). Quindi si crea confusione, invece di guardare al processo che ha portato a raggiungere quei risultati. Le potenzialità del grwt hacking sono nel processo di apprendimento rapido attraverso la sperimentazione non negli hack, che hanno vita breve e non sono soluzioni che vanno ben per tutti.
R: La mia definizione di Growth Hacking è “Qualsiasi cosa che faccia acquisire o conservare clienti”, che quindi ruota attorno al prodotto, marketing, PR, customer service, dati in un approccio comprensivo. Se il Growth Hacking aiuta l’azienda a crescere, allora va bene.
Cosa ne pensi? Sei d’accordo?
Mi piace molto la tua definizione che non è in conflitto con la mia. Tendo a focalizzarmi sul processo per trovare strumenti per acquisire o conservare i clienti. Per me si. tratta di una rapida sperimentazione in tutto il customer journey per accellerare la crescita di clienti e di fatturato. Il customer journey passa attraverso il prodotto, il marketing, le PR, il customer service e l’analisi di dati, quindi dovrebbe riguardare ognuna di queste competenze.
I dati sono veramente importanti per determinare il successo di un esperimento in termini di risultati.
Il vero segreto sta nel comprendere come combinare questi elementi ai fini della crescita, che non riguarda un canale o solo una parte del business. Facebook è stato pioniere nel combinare tutti questi elementi per trovare la crescita e le opportunità migliori, indipendentemente da dove queste siano nel business.
Le organizzazioni migliori sono quelle che mettono assieme tutte queste competenze e persone e le unificano sotto un’unica metrica, quella che definisce la crescita generale, indipendentemente da ruoli, contributi o esperienze passate.
R: Cosa pensi delle aziende che crescono troppo velocemente come Groupon oppure Living Social: dopo milioni e milioni di clienti, non sono in grado di conservarli. Cos’hanno fatt di sbagliato? Come imparare dai propri errori?
L’elemento fondamentale di qualsiasi crescita sostenibile è la user experience. E si tratta di elementi che non dovrebbero essere facilmente trovati altrove. Cedo che in questi esempi sia difficile differenziarsi da altri e niente preclude di utilizzare marketplace simili. In questo modo non c’è una vera differenziazione, quello che si chiama must-have, ma si tratta di un semplice nice-to-have. E se un servizio è nice-to-have è difficile sostenerne la crescita nel tempo.
Solo i prodotti must-have riescono infatti ad avere poca competizione o comunque essere considerati come gli unici di quella categoria. Prendiamo Dropbox. Quando Drew Houson ha fatto i pitch agli investor su Dropbox, i competitor c’erano ma nessuno li usava, nemmeno gli stessi investitori. Dropbox ha messo in piedi il prodotto must-have di tutta la categoria.
R: Ci sono anche gli altri lati della medaglia, per esempio Uber è un’azienda che ha spinto tanto dal punto di vista etico e legale. Inoltre, a volte il growth hacking è associato allo spam, alla compravendita di link, a volte è lo stesso design a essere un po’ troppo manipolativo ecc.
Secondo te, la crescita deve essere perseguita a tutti i costi? Come riuscire a equilibrare l’etica ed eventuali, necessarie sgomitate?
Personalmente, non ho mai avuto la tentazione di fare attività poco etiche per spingere un business alla crescita.
La crescita sostenibile comporta la comprensione del valore che gli utenti hanno dall’utilizzo del tuo prodotto e si basa sull’aiutarli a ottenere questo valore. Il plus si ottiene quando si capiscono e si abbattono le barriere che impediscono agli utenti di ottenere quel valore, per esempio per problemi di user experience oppure per un copy poco chiaro. Scommetto che quelle tecniche poco etiche che ha usato Uber, alla fine non avranno aiutato in particolare, anzi, credo siano una funzione di problemi più grandi relativi all’etica aziendale.
Questi meccanismi poco chiari, infatti, non fanno ottenere una crescita a lungo termine, ma contraccolpi negativi come le campagne #DeleteUber, multe e molto altro. Credo ci sia una sottile linea rossa tra l’essere focalizzati sulla crescita, l’essere creativi oppure poco etici e spammy. I migliori team di Growth sanno dov’è questa linea e cercano di starne lontani, focalizzandosi e massimizzando il valore per gli utenti.
R: Per chi vorrebbe buttarsi nel growth hacking, e diciamo è bravo a fare cose nuove, se la cava con i dati e le analisi ed è in grado di pensare outside-the-box, come suggerisci dovrebbe iniziare?
In genere, visto che è molto difficile fare training specifici, consiglio di lavorare su un prorprio progetto, tirandosi su le maniche e rendendosi attraente per potenziali aziende. Cosa ne pensi?
Credo che capire il giusto mix di competenze necessarie dipenda dalla dimensione delle aziende.
Se vuoi entrare in un team early stage per occuparti di growth hacking sono d’accordo sul fatto di iniziare a lavorare su un tuo progetto. In questo modo riuscirai a sviluppare le skills che servono. Ma se speri di entrare nel team di una startup più strutturata, sarebbe meglio se ti focalizzassi su skills specifiche, come per esempio la prototipazione rapida, l’analisi di dati oppure nello sviluppo di capacità cross-funzionali di gestione del team. Essenzialmente, ogni team di growth ha bisogno di qualcuno che comprenda la visione generale e possa aiutare il team a lavorare assieme per raggiungere gli obiettivi aziendali.
Nel mondo HR si parla spesso di individui con competenze a ” T”, con una competenza molto specifica in uno o due settori e poi con competenze più generiche in altri. Credo che le persone migliori in startup più strutturate siano queste, in grado di lavorare assieme per sbloccare la crescita ma portare la loro specializzazione in ambiti specifici. La crescita può avvenire in ambiti così diversi, che è difficile capire a priori quale siano le competenze necessarie. Tuttavia, anche un’esperienza troppo generica non aiuta. La crescita dipende dal prodotto, dall’analisi dei dati, dalla programmazione e dal marketing, quindi un insieme di settori dove sono necessarie specializzazioni diverse.
R: Credi che le strategie di PR e la publicity, secondo un punto di vista di media tradiizonali, possano essere considerati growt hack? Cosa dovrebbe pensare un growth hacker delle strategie di PR?
Le strategie di PR sono sicuramente una parte del growth hacking. L’unico lato negativo è che credo sia difficile trovare modi continuativi per ottenere copertura mediatica. Quello che tante aziende non capiscono in merito al PR è di costruire un processo di sperimentazione e di apprendimento attorno a questo. Si siedono, aspettano che arrivi traffico ma non si tratta di strategie sulle quali fare affidamento. Se invece si è in grado di costruire un processo, allora si può ottenere un ottimo ROI, come mi è successo quando lavoravo per LogMeIn.
Da allora, sono state molte le aziende a replicare la mia strategia, tuttavia in molti non ne hanno capito l’obiettivo.
R: Ultima domanda: il growth hacking è facilmente attuabile e comprensibile per le aziende B2C. Come applicare if framework alle startup B2B? Credo ci sia da scrivere un libro sul growth hacking solo per queste ultime. Ma dato che sei l’esperto e il papà del growth hacking, magari hai qualche consiglio anche per loro.
Il Growth Hacking è importante sia per le aziende B2B che B2C. In entrambi i casi c’è una customer journey che generalmente intreccia team e un processo di sperimentazione che si basa su quel funnel per attirare utenti e far crescere il fatturato. Una differenza importante è che il B2B ha in genere un volume minore di utenti nel funnel, quindi generalmente non puoi far partire moltissimi esperimenti, soprattutto nella parte passa del funnel.
Ma nel top del funnel, si possono fare tanti esperimenti quanti ne farebbe un’azienda B2C.
Per esempio, Hubspot è conosciuta per avviare circa 30 growth test alla settimana per il suo Sidekick.
Gli esperimenti B2B si concentrano in genere sulla distribuzione dei contenuti oppure nella fornitura di una versione gratuita, per poi aggiungerne altre per spingere gli utenti all’interno del funnel per l’acquisto o per obiettivi di retention.
La maggior parte degli sforzi di crescita sono legati alla comprensione di quale comportamento e quali segmenti diventano utenti di lungo periodo, per poi aggiustare il tiro dal punto di vista delle fasi di acquisition e di activation per spingerne un numero maggior nel funnel e ottenere maggiore crescita. Questo può significare ottimizzare la user experience degli utenti B2B, fino alle strategie di pricing e di prodotto per trovare la combinazione ottimale per la crescita.

Questa è un’immagine dal libro Startup Marketing by Alessia Camera
Una fantastica intervista che riassume tanto di quello che penso sul Growth Hacking e che ho scritto nella mia serie.
Se volete dare un’occhiata ad una mia classifica sui libri più fighi da leggere sul Growth Hacking cliccate qui (spoiler: leggere in inglese è un must in questi casi).
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Intervista ad Alessia Camera, autrice del primo libro in italiano sul Growth Hacking | TAG Innovation School
Luglio 19, 2017 at 12:07 pm[…] metterei il suo pensiero allo stesso livello di chi ha applicato questi concetti ogni giorno, come Sean Ellis, Andrew Chen e molti […]