Negli ultimi 5 anni come consulente di growth marketing per startup, dove ho lavorato con più di 20 progetti e aziende internazionali, ho imparato moltissime cose.
Ho analizzato le mie debolezze imparando a superarle, ho fatto leva sui miei punti di forza e ho capito che è essenziale non smettere mai di imparare (infatti ogni anno spiego che cosa ho imparato perchè imparo sempre qualcosa di nuovo!)
Si può imparare in diversi modi: facendo corsi di specializzazione, lavorando a una nuova idea per creare una startup o un nuovo progetto, mettendosi in gioco come speaker durante panel e conferenze e infine si può imparare dalle persone.
Mi piace molto imparare e devo dirvi che queste opzioni le ho provate un po’ tutte, focalizzandomi ultimamente sulle persone. In particolare, tutte quelle che negli ultimi due anni mi hanno contattato per farmi dei complimenti, per lasciarmi un pensiero o un feedback su Startup Marketing e in generale sul mio lavoro, passando per quelle con cui abbiamo organizzato workshop e presentazioni. Senza dimenticare, infine, i founder che mi hanno contattato per parlarmi della loro idea, alla ricerca di un consiglio o di una consulenza.
I tratti essenziali per sviluppare un’idea di startup
Mi fa sorridere pensare come spesso, altri che fanno il mio mestiere, si lamentino delle richieste di call e di scambio di opinione con i founder.
Personalmente, ho imparato molto da queste conversazioni, che si sono rivelate essenziali per capire le persone, le idee, le visioni e i sogni e per cercare di determinare le possibilità di sviluppo futuro del progetto.
Se sei uno startup founder, infatti, devi avere un forte approccio comunicativo. Inoltre, è estremamente necessario essere dotati di empatia e di determinazione, ma allo stesso tempo di umiltà e di capacità di mettersi in discussione. A volte succede che queste prime conversazioni vadano bene e che quindi ce ne siano delle altre, meno preparate e più improvvisate. Si creano così le basi perché vengano fatte molte altre conversazioni e domande, ed è proprio in questo secondo passaggio che ho imparato a capire molto di più sui founder e su cosa significhi creare una startup.
Questo secondo livello di conversazione spesso si allarga a investitori durante eventi di networking, panel o pitch pubblici, e spesso includono anche domande poco costruttive, che evidenziano incompetenze e incapacità manageriali, povertà di visione e di strategia.Sono domande che potrebbero mettere in discussione qualsiasi buona idea e che spesso minano la reputazione dei founder e le relazioni.
Qualsiasi idea senza un imprenditore che guida un team in grado di svilupparla non conta nulla.
Creare una startup: le 9 frasi da non dire MAI
Ho quindi deciso di elencare le domande da non fare MAI, secondo un mio personale ordine di importanza.
Non vuole essere una lista esauriente ma solo includere alcuni spunti di riflessione.
Se ne avete delle altre, aggiungetele nei commenti!
1) “Qual è il budget per il lancio di un’app?”
Questa è una domanda che apparentemente sembra un dubbio legittimo. Ma non lo è per due motivi.
Innanzitutto evidenzia il fatto che non avete la più pallida idea di cosa volete fare. Dire “Lanciare un’app” oggi è uguale a dire “Vado a fare la spesa”.
Nel primo trimestre del 2018 c’erano: 3,8 milioni di app su Google Play, 2 milioni su App Store e circa 1,3 milioni su altri store minori per un totale di circa 7 milioni di app disponibili (fonte Statista). Ecco perchè oggi lanciare un’app non ha alcun significato e sicuramente non implica un progetto potenzialmente di successo.
Il secondo motivo è dato dalla mancanza di dettagli sull’app e sul business. Le app nel mondo B2B sono completamente diverse rispetto al B2C, così come sono diversi i settori che precludono modelli diversi. Quindi, se volete far capire che in realtà padroneggiate l’argomento e l’unica cosa che non sapete riguarda il budget imparate a essere specifici.
Vi salverà la vita.
2) “Secondo me dobbiamo fare promozione su Facebook”
Se stai parlando con me, preparati a una raffica di domande di risposta.
Tipo:
– In che senso?
– Cosa significa il “secondo me”?
– Hai già fatto una serie di test grazie ai quali hai capito che Facebook è il canale che porta i risultati sulla base di KPI, esperimenti e analisi?
– Cosa significa fare promozione? Che tipo di strategia stai sviluppando?
– Quali sono i risultati e gli obiettivi aziendali e come fai a essere sicuro che Facebook rimarrà il canale giusto per raggiungerli?
Non pensare siano domande troppo tecniche. Se pensi di creare una startup e di venire lavorare a Londra, ricordati che si tratta di domande che fanno anche i Business Angels e gli investitori perché il burn rate è spesso legato a come e in quanto tempo vengono spesi i finanziamenti ricevuti.
3) “Cosa ne pensi della mia idea? Può funzionare?”
Qualsiasi idea sulla carta può funzionare. Peccato non avere una sfera magica per prevedere il futuro. In soldoni, non te lo so dire, perché potenzialmente tutte le idee possono funzionare.
Il successo di un’idea dipende da tantissimi fattori, ma sicuramente prima di tutto devi essere tu a crederci. Nessuno potrà darti quella sicurezza e fiducia che al momento vedo dondolare come se fossi seduto sull’orlo di un precipizio.
Una frase da non dire mai a un potenziale investitore. Cercati un bravo mentor che ti aiuterà a passare dall’idea al creare una startup e poi ne riparliamo.
4) Non credo sia un buon canale di acquisizione.
Simile a quanto descritto al punto 2. Si tratta di una tua percezione, che, potenzialmente, può essere completamente diversa dalla realtà. E’ un’ipotesi che non è detto sia corretta, perché è vero che sei il founder, ma ciò non significa che le tue idee ed esperienze precedenti siano utili nel creare una startup di successo. Fai test, raccogli dati e valida questa ipotesi.
Solo i dati ti faranno capire qual è la strada corretta.
Il resto è fuffa, impreparazione o egocentrismo, decidi tu quale delle tre.
5) Ho già raccolto finanziamenti, questa è la mia terza startup, abbiamo già acquisito moltissimi utenti..
“Beato te! Vorrei avere un decimo della tua fiducia” mi verrebbe da rispondere ogni tanto!
Qui ci sono due problemi. Il primo riguarda il fatto che non ci sono numeri nella frase. Quanti finanziamenti hai già raccolto? Di che base utenti stiamo parlando?
Finché non inserisci un numero, stai portando situazioni soggettive con rilevanza zero.
Secondo problema: se non condividi i nomi delle tue precedenti startup, potenzialmente non so nemmeno di cosa stai parlando. Potrebbe essere che stai parlando del progetto di digitalizzazione della parrocchia oppure di qualsiasi altra cosa. Stai attento che, se non parli di fatti reali, in genere bastano un paio di ricerche incrociate su Pitchbook e Crunchbase per capire quale sia la verità.
Praticamente ti stai scavando la fossa da solo.
L’ultima volta, ci ho messo 10 minuti a verificare le fandonie di un founder che ha utilizzato una sessione di mentoring di mezz’ora per parlarmi dei suoi successi in termini di round di finanziamenti e di acquisizione utenti. Peccato che su Pitchbook non ci fosse nemmeno traccia del suo nome.
6) So che l’NDA (accordo di non divulgazione) magari potrebbe sembrare troppo, ma se qualcun altro mi ruba l’idea?
Ho un consiglio per te. Domani mattina ti alzi dal letto e passi 15 minuti davanti allo specchio del bagno guardando il tuo viso riflesso che dice: “Nessuno mi ruberà l’idea, e anche se fosse così, l’NDA non mi proteggerà”.
L’NDA non serve a nulla.
Se qualcuno sta sviluppando la tua stessa idea o startup nel mondo non è un segno negativo, ma significa che è una buona idea! E’ uno dei pochi metodi a disposizione per giudicare la bontà di un’idea.
Lavora con altre startup, condividine le argomentazioni, creati un network, mettiti in gioco. Fa parte della partita. Se vuoi lanciare l’app il prima possibile perché hai paura che qualcuno ti copi l’idea sei fuori gioco.
Una volta qualcuno mi fa fatto capire che era pericoloso lavorare con me perché lavorando con molte startup avrei potuto aumentare questo rischio. Goodbye.
7) Potresti mettere like alla mia pagina così aumentiamo i followers e otteniamo più utenti?
No. E non ho nient’altro da aggiungere.
8) Non ci sono concorrenti che stanno facendo la stessa cosa di quello che vogliamo fare noi.
Allarme rosso. Non dirlo MAI!
Dietro a questa frase si nasconde un grande problema: non trovare altre aziende che fanno una cosa simile alla tua in tutto il mondo non è un elemento positivo. E’ un allarme, significa che la tua idea fa schifo. O è complessa da sviluppare. Oppure è vecchia.
Creare una startup in un mercato senza concorrenti non è una situazione ideale, tutti avevano dei concorrenti all’inizio, da Facebook a AirBnb, oppure sono arrivati subito dopo come per Transferwise. Non troverai nessun investitore che voglia investire in un progetto così tanto rischioso da non avere concorrenti. In bocca al lupo e attento allo schianto!
9) Vorrei che l’MVP fosse perfetto.
Il significato di MVP è Minimum Viable Product: per definizione non può essere perfetto perché deve essere oggetto di cambiamento e aggiornamento continuo.
Inoltre, aspettare di avere il prodotto perfetto potrebbe costringerti a passare molti mesi chiuso in ufficio per svilupparlo e confezionarlo, rischiando di uscire molto tempo dopo con un prodotto diverso dalle aspettative, dai bisogni e dalle modalità di utilizzo da parte degli utenti finali.
Possiamo metterci d’accordo sul livello più o meno avanzato di “perfezione”, visto che in alcuni settori l’MVP deve essere bello come design perché venga ritenuto credibile, tuttavia è importante capire che si tratta di un prototipo in continuo aggiornamento.
Uscire con un prodotto perfetto, senza essere capaci ad adattarlo e a cambiarlo in modo veloce sulla base degli utenti di riferimento comporta un rischio di fallimento importante, dal quale è molto difficile rialzarsi.
Sei sicuro di volerlo correre? A volte si hanno delle impressioni sbagliate ed è necessario adattarsi non solo agli utenti ma ai team con cui lavori.
È successo anche a me quando ho lavorato come Growth Hacker in Residence per l’Open Data Institute, leggi qui cosa mi è successo.
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