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Cosa imparare da Sean Ellis per fare startup in Italia

Qualche settimana fa l’ho rivisto. Aveva la solita aria tranquilla di chi sa che più in là si fa fatica ad arrivare. E allo stesso tempo l’umiltà di chi è abituato a condividere e a parlare con tutti, anche se le chance di incontrare qualcuno che ne sa di più sono molto basse.
Se non avete capito di chi sto parlando, tranquilli, tra poche righe saprete tutto.
Ho voluto fare questa presentazione inusuale perché credo che dire, semplicemente, che ho incontrato Sean Ellis dal vivo non sarebbe stato sufficiente per farvi capire la portata della persona. 
Ho rivisto dopo qualche anno Sean Ellis il papà del Growth Hacking, non solo colui che ha coniato il termine, ma che ha dimostrato con i fatti cosa significa applicare la metodologia per scalare velocemente un business. All’Imperial College di Londra per rispondere a domande e a presentare casi concreti di growth per startup early-stage, Sean Ellis non ha solo raccontato che è stato divertente scalare Dropbox nei primi 18 mesi e che poi ha lasciato il lavoro più facile al team, ma ha dato una lezione di leadership potente. Vi avevo promesso che ve l’avrei raccontato.
Con me c’era Davide Sovrano, founder di una startup sport tech che ha vinto il mio contest e che con me ha vissuto quelle due ore dalle quali mi porto a casa davvero tanto.
Credo ci sia moltissimo da imparare per chi vuole fare startup in Italia e non solo in termini di strategia e casi pratici.

Riassumo tutto in 7 punti così, senza usare troppe definizioni, “secondo me” e giri di parole capiamo subito quali sono le leve più importanti per chiunque voglia fare startup in Italia.

  1. GROWTH IS DATA
  2. GROWTH IS USER-BASED
  3. GROWTH IS EXECUTION
  4. GROWTH IS TEAM
  5. GROWTH IS FUN (then IT’S BUDGETS)
  6. GROWTH IS CULTURE
  7. [SPOILER]

1. Growth is data

Anche secondo Sean non c’è spazio per le opinioni e i like sui social media: l’unico modo per capire davvero cosa si sta facendo è misurare. Ma non si tratta di misurare semplicemente le campagne di acquisition, come pensiamo quando lavoriamo con le startup. Qui la misurazione va ben oltre e cerca di analizzare il valore che il cliente assegna al prodotto. Attenzione, non parliamo solo di fatturato. Stiamo parlando delle metriche che servono a misurare il valore e il coinvolgimento del cliente nel prodotto che stiamo sviluppando. A noi il compito, poi, di allineare questi risultati agli obiettivi di business e trasformarli in fatturato.
Il valore per il cliente dipende dalla combinazione ottimale tra momento wow, user experience ed engagement di prodotto. Come succede spesso nel marketing, non ci sono regole predefinite ma dobbiamo capire il valore della nostra delivery engine e misurarla: quali sono le performance del nostro prodotto applicato all’utente e al suo comportamento online?

ps: con delivery engine si intende l’engagement loop attraverso il quale viene coinvolto l’utente in tutto il customer funnel

Sean Ellis Imperial College Londra 

2. Growth is user-based

Normalmente si pensa che i feedback degli utenti non siano molti utili, nemmeno Sean all’inizio ci credeva. Poi ha scoperto che proprio grazie alle survey riusciva a ottenere informazioni molto importanti, soprattutto sulle motivazioni che spingevano un utente ad agire in un modo piuttosto che in un altro. E sono proprio queste le ragioni che spingono l’analisi qualitativa e quantitativa: riuscire a capire le esigenze dell’utente nel profondo, assieme a frustrazioni e a soddisfazioni per continuare a iterare e a testare, creando valore nel tempo.
Diventa essenziale chiedere al vostro utente target quali sono le motivazione che lo spingono a fare certe scelte: chiedeteglielo direttamente, lasciate stare i focus group. E misurate, in modo da essere davvero sicuri sia quello che vi ha detto, si sa mai che abbiate sbagliato a porre le domande.

Sean Ellis Londra

Sean Ellis sulla destra e sulla sinistra il mio amico Matt di 500 Startups che ha organizzato e mi ha invitato a questa esclusiva serata a Londra.

3. Growth is execution

Quando si parla di growth hacking non si parla solo di strategia, ma quello a fare davvero la differenza è l’esecuzione. Anche Sean Ellis infatti, ha ripetuto più volte che growth is execution e spero che anche chi voglia fare startup in Italia capisca che la cosa più importante da fare sia sporcarsi le mani imparando sul campo.
Come si fa ad eseguire una strategia di growth hacking nel modo corretto?

  1. Trovare le metriche più importanti nel funnel e allineare il team per raggiungerle
  2. Capire come funziona la delivery engine
  3. Accelerare la crescita attraverso processi di testing e sperimentazione 
  4. Fidarsi di test veloci e cross-funzionali. 

Quando finite di testare finite di crescere, ecco perché i test e l’execution sono importantissimi.

growth hacking fare startup in Italia

4. Growth is team

L’approccio di growth si costruisce in un team, e Sean Ellis ci ha spiegato come l’ha sviluppato nel team di Dropbox quando ancora c’erano una ventina di persone a lavorarci full-time.

Si parte sempre dall’obiettivo e si cerca di capire come coinvolgere persone diverse affinché si abituino all’ “habit of growth” ossia a fare scelte e ad adottare comportamenti che si basano su test e sperimentazioni, e a volte, non è per niente facile o scontato ciò avvenga. Come si fa?

  1. Trovare gli obiettivi e le metriche: quali sono le metriche che più di altre contano?
  2. Come dovrebbe funzionare la growth engine? Si parte dagli elementi che determinano la crescita e si individuano correlazioni e ipotesi.
  3. Trovare le persone che avviano la growth engine: chi decide quali test fare? E’ il CEO oppure il growth hacker?
  4. Gli esperimenti vengono lanciati e analizzati, c’è sincronia tra le persone o i team che lavorano per trovare continuamente nuovi insights. Ora c’è bisogno di capire chi decide l’implementazione di queste nuove idee: sempre il CEO o il product manager?

5. Growth is fun

Creare un team e lavorare su un approccio di growth è fondamentale perché Sean Ellis ci dice se non continuiamo a testare e a sperimentare siamo purtroppo destinati a fallire. Capire quanti test sono stati fatti e cosa abbiamo imparato da questi test è essenziale perché permette alla startup di evolversi facendo piccoli passi ma veloci verso la direzione prestabilita. Non è importante capire quanti esperimenti sono stati fatti ma cosa abbiamo imparato lanciandoli.
Ecco perché è così essenziale che sia proprio il team a gestirli e non un’agenzia di growth esterna, altrimenti vi perdete tutta la parte essenziale, quella del learning.
Altra domanda che spesso mi viene fatta è il budget: come faccio a creare un prodotto digitale e a sperimentare se non ho budget? Sinceramente, credo che l’unica cosa a cui serve il budget è raggiungere certi risultati più in fretta. E’ vero, l’organico è morto sui social ma se vi focalizzate sulle metriche che davvero contano per il vostro business e in caso usate quel budget per imparare nuove skills o per convincere qualche tecnico a darvi una mano sono sicura che alla fine direte anche voi che tanto budget in realtà non serve. A meno che non siate di quelli che vogliono fare startup in Italia ma vi vogliate concentrare solo sulla parte facile, lasciando fare il lavoro sporco a qualcun altro, allora il discorso è ben diverso.

chi è sean ellis growth hacking

6. Growth is culture

Siamo quasi arrivati alla fine e prima del Q&A Sean Ellis ci ricorda che il growth hacking è un processo e che come tutti i processi è necessario che il cambiamento sia culturale prima che esecutivo. Ecco quindi che occuparsi di growth hacking in una corporate o in una startup non è molto diverso in termini di execution, quello che davvero conta è l’approccio culturale del team. Sono infatti le persone che dovrebbero essere motivate e focalizzate sulla sperimentazione continua. Cosa cambia da una startup a una corporate? Il numero e la grandezza dei team.
Ciò per dire che anche in una corporate è possibile occuparsi di growth, sarà solo più lento e più difficile mantenere allineato il team cross-funzionale che si occuperà di growth. Poi se in mezzo ci mettiamo anche una serie di middle manager poco ferrati sulle metriche ovvio che la cosa si complica.
Ma non lo avevate già capito che occuparsi di growth significa affrontare una sfida continua?
Il futuro lo dobbiamo anche imparare a costruire, non solo a prevedere.

7. Spoiler

Non leggete questo paragrafo se non avete già letto Viral marketing.
Se volete leggerlo saltate perché vi dirò una cosa che spoilera un bel po’ dei contenuti del mio secondo libro, vi avviso. 

Sono stata felicissima che Sean Ellis abbia confermato che fare brand per una startup è super difficile perché dato il budget limitato non ha senso spendere budget per crearlo, il brand. Credo che questo sia un elemento essenziale per chi fa startup in Italia, e l’hp dovuto scrivere più volte, anche nel primo libro Startup Marketing. Per fare startup in Italia è assolutamente necessario occuparsi del prodotto, dell’esperienza digitale prima di creare un brand. Il brand è davvero rilevante e ha senso investire per crearlo se sperimentando e analizzando il feedback cambieremo il prodotto nel corso del tempo?
Il brand per un prodotto digitale si forma grazie all’esperienza dell’utente: le persone amano il brand perché hanno avuto l’esperienza fantastica con il prodotto. Ecco perché brand e prodotto devono essere sempre allineati, il prodotto che funziona deve essere rispecchiato dal brand e solo quando l’utente è davvero soddisfatto allora ha senso parlare di brand.

Chiudo questo bellissimo post con la testimonianza finale di Davide Sovrano e le sue impressioni spontanee post evento 🙂

https://www.instagram.com/p/B2yTwe_o7VG/?utm_source=ig_web_copy_link

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