Qualche settimana fa ho avuto un problemino con la mia banca italiana ING DIRECT e ho fatto quello che in genere faccio sempre: ho mandato un tweet per notificare e risolvere il problema. In questo caso volevo chiedere a ING DIRECT se un addebito per un bollo si fosse trattato di un errore, visto che ultimamente di errori ne avevo visti parecchi. La risposta al mio tweet è stata: contatta il call center.
Ora, capitemi: il mese scorso non ho avuto il tempo di respirare perchè sono rientrata dalle vacanze il 20 gennaio e mi vedevo già stressata con il mio zero tempo attaccata al call center per 20 minuti. Ma il punto non era solo questo. Credo che la tecnologia possa risolvere i tanti problemi degli utenti in metà tempo, e allo stesso tempo, rendere più efficienti ed efficaci i processi aziendali. Ma non serve a nulla quando la situazione è così.
Non basta infatti aprire un canale twitter o una pagina facebook per rispondere agli utenti che devono contattare il call center. Come non serve caricare 3 gif e avere 1000 like se poi non si è in grado di risolvere i problemi veri.
E mi rende triste vedere come in queste aziende, l’innovazione avviene solamente a metà, trascurando l’obiettivo per il quale questa nuova tecnologia viene utilizzata e aggrappandosi alle mode di facciata, come la moda del Growth Hacking, senza capire il vero beneficio aziendale.
Quindi ho iniziato delle discussioni nel mio profilo Linkedin e Facebook trovando tuttavia ampi spunti con la mia rete. Così ampi che ho deciso di approfondire la questione in questo articolo.
Il social media marketing vs il social customer care
Da quando esiste Twitter, il 2011 in Italia, si parla di social customer care, ossia quella strategia di marketing per cui il canale Twitter in particolare e i canali social in generale vengono utilizzati per rispondere alle domande e risolvere i problemi degli utenti in tempo reale. Il pubblico si è spostato, dall’usare il telefono all’utilizzare i canali social per una serie di attività di svago, ricerca informazioni e passatempo, quindi anche le aziende hanno dovuto adeguarsi utilizzando questi canali per rincorrere il loro target.
Twitter è una rete aperta, semplice, senza distinzione tra aziende e pubblico che mette entrambi sullo stesso piano: la facilità di creare rete e di parlare a tutti mi ha fatto innamorare di Twitter dal primo momento che l’ho usato, proprio nel 2011.
Qui a Londra lo si usa moltissimo per questo motivo: aggiornamenti di qualsiasi tipo, dai trasporti alle news e nella maggior parte dei casi con obiettivo complaint, ossia lamentele.
A Londra tutti si lamentano se qualcosa non funziona come dovrebbe e la prima cosa che si fa quando questo succede è mandare un tweet per esprimere pubblicamente questa lamentela. Anche in Italia, immagino, anche se ultimamente Twitter lo si usa in modo minore, secondo gli ultimi dati.
Alcune startup e aziende sono persino riuscite a costruire un vantaggio competitivo importante grazie al loro fantastico customer service su Twitter, ne ho incluso alcuni esempi nel mio libro Startup Marketing,vi consiglio di leggere la storia di Virgin Train che è veramente straordinaria oppure quello che è capitato a Stefania con The Next Web qui.
Tornando alla mia esperienza con Ing Direct, dicevo, ho mandato un tweet e avuto una mini conversazione dove il team social mi invitava a far riferimento al call center per risolvere i miei problemi. Ora, quella risposta non mi risolve i problemi. Anzi, non mi ha nemmeno dato il numero di telefono da contattare, ho dovuto perdere altri 5 minuti (oltre ai 4 dei 2 tweet) per cercare il numero sul sito. A cosa serve avere un team social che pubblica contenuti e/o notizie se poi non è in grado di risolvere l’esigenza dell’utente? A cosa serve parlare di followers se la maggior parte dei clienti che utilizza quei canali non è soddisfatta?
“Le banche non possono utilizzare i social media per fare social customer care con info riservate”
Attanagliata da questi dubbi e domande ho deciso di creare una discussione su Facebook e Linkedin per sentire cosa ne pensavano i colleghi in Italia.
E’ molto bello essere sui social ma oggi, dopo 7 anni dal lancio di Twitter e tutto quello che è sucesso dopo, non conta più solo la presenza.
Le aziende devono integrare i CRM e i processi in modo da poter utilizzare questi canali in modo efficiente e coordinato con altri, come il call center, la chat sul sito etc.. per inserire segnalazioni e risolvere problemi tramite il coordinamento dei vari canali e non creando un ulteriore silos, ossia barriere che impediscono dialogo e coordinamento.
Altrimenti a cosa serve avere un profilo sui social?
La discussione ha preso punti di vista diversi ed è stata molto interessante. Alcuni la pensavano come me, altri dicevano che nella maggior parte dei casi le aziende italiane hanno un profilo social perchè “fa moda” e perchè “non si può non averlo” più che per un vero vantaggio competitivo. Altri hanno condiviso frustrazioni simili alle mie con aziende che sono su Twitter ma non risolvono i problemi, anzi ne creano di altri. I casi positivi, purtroppo, non erano di aziende italiane anche se c’erano anche casi negativi internazionali.
Ci sono stati anche altri punti di vista. Alcuni, in particolare giustificavano il comportamento della banca poichè per le leggi della privacy e del segreto bancario era impossibile utilizzare i social diffondendo informazioni private e sensibili. Altri che dicevano fosse impossibile autenticare gli utenti tramite social e digitale.
Ora, a parte che su Twitter ci sono i messaggi privati, la mia contro domanda a questa affermazione era: “Perchè a Londra si può bypassare il problema creando nuovi processi, come l’identità digitale, mentre in Italia si usa la giustificazione – non si può, la legge lo impedisce- per non applicare innovazione vera e tangibile per gli utenti finali?”
L’identità digitale e il customer care, questi sconosciuti elementi che assieme sono vincenti
Negli ultimi due anni, a Londra, il fintech sta esplodendo proprio perchè riesce a rispondere alle esigenze degli utenti in modo puntuale, immediato, efficiente sia in termini di tempo che di risparmio di denaro.
Ho aperto ben due conti correnti bancari fintech a Londra negli ultimi due anni, forniti non da due banche ma due aziende private che hanno ottenuto la licenza di operare come una banca.
La prima era Atom dove ho creato un profilo per aprire un conto deposito a
tassi particolarmente vantaggiosi. Ho scaricato l’app
dall’app store, mi sono registrata, ho inserito una mia foto e quella del passaporto che ha confermato la mia identitià digitale e non è servito altro.
Ho anche iniziato un’assistenza clienti da Twitter che poi è continuata nella chat del sito senza che dovessi dire altro a parte il mio nome, cognome e un paio di codici per identificarmi.
La seconda è Transferwise con la quale ho recentemente aperto un conto multicurrency, una specie di conto di appoggio che posso usare per farmi spedire i bonifici in euro senza pagare nessuna commissione aggiuntiva rispetto a un conto bancario italiano. Anche qui l’esperienza di apertura del conto è stata abbastanza buona, immediata, veloce (il servizio è ancora in beta quindi ci sono ampi margini di miglioramento) e ancora una volta non ho dovuto muovermi dalla mia scrivania grazie all’identitià digitale.
Ovviamente questi sono solo alcuni esempi personali e nemmeno dei top performer poichè sul podio del migliore social customer service dei servizi fintech a Londra c’è Monzo, disponibile 24/7 per rispondere a esigenze e problematiche tempestive deli utenti.
Tutto ciò per dire: siete sicuri che effettivamente non si possa utilizzare i social in un’ottica di social customer care, per risolvere le reali esigenze di un cliente sempre più esigente e sofisticato perchè le leggi o i regolamenti lo impediscono?
O si tratta più di una carenza delle aziende, soprattutto italiane, i quali manager fanno fatica a lavarare in un’ottica di investimento a lungo termine e a comprendere le nuove tecnologie fino in fondo?
Sono sicura che continuare ad approvare piani editoriali pieni di gif e di immagini 3D sia sicuramente meno faticoso che prendere in considerazione di aggiornare ed integrare CRM e sistemi IT interni creati decenni fa con tecnologie ormai superate per creare nuovi processi che mettano effettivamente l’utente al centro.
L’innovazione vera è questa, tutto il resto è solo teoria e moda.
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