Una delle domande che mi viene posta spesso, ultimamente, soprattutto dopo la pubblicazione del mio libro Startup Marketing è legata al mondo del growth hacking.
I growth hacker vengono sempre più spesso consigliati, come professionisti per curare il lancio di una startup, ma c’è ancora confusione sugli argomenti e le attività curate da un growth hacker.
Il growth hacker si occupa di marketing o programmazione? Ce la fa a fare tutto da solo?
E in una strategia di marketing per startup quali soono obiettivi e attività? Allora ho pensato di rispondere a queste domande con un post dove, oltre a raccontarvi cosa significa fare marketing per startup vi porto alcune testimonianze di GH molto fighi, come Alex Schultz, ex VP of Growth di Facebook!
Marketing per startup: acquisire utenti e crescere
Nella mia serie dedicata al Growth Hacking ho già spiegato che si tratta di un approccio nato oltreoceano che combina marketing, prodotto, obiettivi e numeri, analisi del comportamento degli utenti e sperimentazione per raggiungere obiettivi di crescita.
Se parliamo di strategia, non vi basterà inserire i trucchi di growth hacking in una lista e spuntare quelli che hanno portato a risultati temporaneamente positivi. Sarà necessario integrare la strategia di marketing in un processo che permetta di individuare le fasi, gli obiettivi e le attività da compiere nelle diverse fasi di sviluppo del progetto.
Una strategia di marketing per startup DEVE avere obiettivi di growth, i like li lasciamo a chi fa branding.
In una startup, della brand awareness non frega niente a nessuno, si deve parlare di obiettivi di growth: utenti, fatturato o vendite?
Una startup si contraddistingue per essere una organizzione dalla natura incerta, orientata a crescere e a scalare, secondo un modello di business ripetibile e profittabile.
Se vi accontate solo dei vostri 10 clienti, non siete una startup.
E non lo dico solo io. Ma Paul Graham, Steve Blank e molti altri. Tra i quali Alex Schultz. Se avete letto il mio libro Startup Marketing, sapete che lui è un personaggio molto umile, ma davvero bravo. Eccovi spiegato perché mi piace tanto. E no, non è il chitarrista che trovate se Googlate il suo nome, ma il quarto che compare dalla SERP, VP of Growth di Facebook.
Sapete perchè mi piace un sacco Alex Schultz?
Perché è stato uno dei primi, dopo Sean Ellis ovviamente, ad affermare che la vera crescita si basa sulla retention non su hack temporanei.
Solo chi è veramente sticky (attaccato) al prodotto vi farà registrare una crescita di tipo continuativo e sostenibile. Ecco perché Schultz era tra quelli che considerava la parola growth hacking come una moda passeggera. Perché cambia il metodo, ma non il risultato: solo quando queste metriche vi faranno andare in alto a destra nei vostri quadranti di monitoraggio delle metriche allora sarete veramente sicuri di crescere.
Qual è l’elemento più importante per la crescita di una startup?
Per rispondere a questa domanda ci viene in aiuto la Startup School di Y Combinator dove Alex Schultz è docente e ci fornisce informazioni importanti per analizzare la crescita.
E sono felice di non essere l’unica a dire che l’elemento più importante per analizzare la crescita consiste nella retention, ossia l’utente che non solo viene acquisito all’inizio della customer journey, ma che continua a utilizzare l’app p ad acquistare i vostri prodotti o servizi nel tempo. Analizzare i dati sulla retention è un’attività essenziale, non fidatevi dei growth hacker che utilizzano come metrica fondamentale l’acquisition.
E’ la retention l’unica metrica che davvero ci può dare un’idea sulla sostenibilità nel tempo del progetto e in particolare l’analisi per cohort che permette di analizzarla, verificando quanti sono gli utenti che dal momento dell’acquisition, dopo un periodo di tempo prestabilito, per esempio mese, sono ancora attivi nel prodotto.
Le analytics e la capacità di analizzare la retention attraverso le KPI sono le uniche chiavi per comprendere e strutturare la crescita. Non ci sono trucchi o segreti di growth hacking.
E non cadete nell’errore di pensare di dover aver bisogno di milioni di utenti per fare analisi di retention, un centinaio è un ottimo numero per iniziare a fare queste analisi e a ottimizzare la vostra esperienza digitale.
Ci sono alcuni elementi che influenzano la retention, in particolare il network effect, ossia il fatto che che in genere copiamo quello che fanno gli altri, e in questo caso ci basiamo sul comportamento dei nostri amici.
Inoltre, design e interfacce, combinata alla UX aiutano moltissimo l’ottimizzazione di un prodotto digitale in ottica di massimizzazione della retention. Per esempio, il fatto di far uscire prima l’app su IOS e poi su Android potrebbe essere interessante ai fini dell’analisi cohort, potreste riprendere un utente che aveva venduto l’iPhone e che passato a Android non è più riuscito a usare il vostro prodotto.
Infine il fatto di aggiungere nuove categorie di prodotto in ottica cross-selling. Amazon ha iniziato vendendo libri, ma dopo due anni un utente che per esempio ha acquistato un libro torna e compra qualche altro prodotto.
Non serve avere un’alta retention per essere sicuri di sbloccare la crescita: dipende dal tipo di business che state sviluppando. Sarà necessario individuare quel numero dal quale dipende la vostra crescita e allineare l’azienda al raggiungimento di quell’obiettivo.
Inoltre, se pensate la crescita debba essere perseguita da una sola persona vi sbagliate.
Nessun consulente riuscirà mai a sbloccare la vera crescita: solo un’azienda completamente focalizzata alla crescita lo potrà fare.
E’ veramente il growth hacker colui che si occupa della crescita?
Sì e no. Perchè il growth hacker da solo non basta.
Alex ci racconta che senza Noemi, che si occupa del prodotto e dello sviluppo software non sarebbe lo stesso.
Non vi basterà assumere il più bravo growth manager dell’universo, dovrete cambiare il vostro approccio, imparare dagli utenti osservando e analizzando il loro comportamento.
La creatività e la personalizzazione sono la parte più importante del percorso di crescita.
Significa sperimentare, capire che anche una sola parola diversa può far schizzare le vostre acquisition.
E , attenzione, non sono growth hack.
Sapete perché Facebook ha iniziato a utilizzare la frase “Crea un annuncio” invece di “Promuovi” come call to action per spingere le aziende a campagne di social advertisement?
Era un errore. Avevano sbagliato a tradurlo dall’inglese al francese, Ma quando hanno visto che aveva aumentato le conversioni del 40% hanno deciso di mantenerlo come standard.
Sono sicura che se fossero stati consulente esterni o se fosse successo in un’azienda che non era totalmente orientata alla crescita, tutto ciò non avrebbe portato allo stesso risultato.
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